Vittorio Marchis , del dipartimento di Meccanica del Politecnico di Torino
Al di l? della classica "macchina celibe" tanto celebrata nella congrega di "artisti" (o artefici) chiamati Marcel Duchamp e Francis Picabia. La macchina ben raramente ha trovato modo di mettere su famiglia. Le macchine degli ingegneri, per contro, sono piccola cosa - nella storia degli uomini - rispetto alla moltitudine di oggetti (e quindi macchine?) che da sempre hanno fatto compagnia alla "scimmia nuda". Negando per ipotesi una dimensione storica, e ripercorrendo il tempo a ritroso, come dovrebbe invero fare lo storico, scopriamo che sono proprio queste macchine a rompere la tradizionale separazione tra le arti (maggiori, minori, meccaniche, belle, brutte,...) e le scienze (esatte, naturali, fisiche, umane, dure, molli,...) perch? riappare a favore dell'uomo la naturalezza di un'ingenuit? infantile.
Scoprire che le macchine celibi (o nubili) si annidano non soltanto nelle pieghe dei fogli di scrittori pi? o meno visionari, ma anche nei pi? insospettabili scienziati (o filosofi, o sapienti, o saggi...) non sar? solo una sorpresa. Le macchine del moto perpetuo sono un "ramo deviato" della scienza ufficiale, o il protendersi della fantasia verso una razionalit? scientifica innata in ognuno di noi?