FORSE RISOLTO L'ENIGMA
DEL CARBONIO LATITANTE di |
Lavoisier ci insegnò che
nulla si crea e nulla si distrugge. Eppure, nel complicato
scambio di carbonio fra oceani, atmosfera e biomassa, ciò non
sembra avvenire. Il maggior serbatoio di carbonio (C) sono le
pietre calcaree ma poiché i loro scambi sono lentissimi, li
trascureremo. Gli altri serbatoi? Eccoli, i valori sono in
gigatoni (1 Gt= un miliardo di tonnellate):Oceani 40.000 (+ 1,5);
Atmosfera 700 (+ 3,5); Combusti-bili fossili 7000 (-6); Piante
800 (-2); Suolo 1500 (-1).
La prima cifra di ogni voce è il contenuto di C, mentre la
seconda messa tra parentesi , indica perdite e guadagni annuali.
L'umanità brucia circa 6 Gt di combustibili fossili l'anno e
quindi tale serbatoio perde una quantità equivalente di C l'anno:
cioè -6. La deforestazione impoverisce le piante di circa 2 Gt l'anno
e l'erosione del suolo fa perdere un altro Gt. I conti però non
tornano. Mancano 4 miliardi di tonnellate: è il mistero del
carbonio sparito!
Gli oceanografi e i fisiologi delle piante e del suolo ci
assicurano che né gli oceani né piante e suolo possono
risolvere il problema. E le radici? Quant'è la biomassa che va
nelle radici e quella che va in rami e foglie? Sarebbe
preferibile che l'aumento dell'anidride car-bonica (CO2) causasse
un maggiore aumento delle radici perché esse sono più durevoli
mentre rami e foglie decadono ritornando il C all'atmosfera nel
giro di un anno. Esperimenti in condizioni controllate indicano
che in effetti quando la CO2 aumenta, il rapporto "radici/rami-foglie"
cresce, un fatto ben gradito poiché ci dice che per mantenere il
loro metabolismo stabile, le piante abbisognano di meno foglie.Costa
loro meno far crescere radici che foglie. Può essere questa la
soluzione al mistero? I dati sperimentali di Keeling da Mauna Loa,
che datano dal 1958, indicano che la CO2 - gas a effetto serra -
è in au-mento dallo 0,0315% allo 0,036%. Sovrapposto a questa
crescita, c'è un ciclo stagionale: in primavera, c'è più
vegetazione, più CO2 viene assorbita e quindi se ne trova di
meno nell'atmosfera; in inverno, il contrario: Keeling ha fatto
notare che l'ampiezza di questo ciclo è aumentata dal 1958 di
circa il 10 per cento, il che sembra dirci che la "biosfera
del Nord" ha aumentato la sua attività al tasso dello 0,5%
l'anno.
Può sembrare poco, ma in effetti basta a spiegare in gran parte
i 4 Gt di CO2 che sembravano essere spariti.
Passiamo all'ossigeno. Bruciando combustibili fossili si genera
CO2 e si consuma ossigeno atmosferico (una mole di C=12 grammi,
una mole di 02=32 grammi). Quindi ogni 3 tonnellate di C che si
generano, "spariscono" 8 tonnellate di ossigeno. L'umanità
brucia 6 Gt di C all'anno, il che equivale a 16 Gt di ossigeno
sottratto all'atmosfera. Poiché quest'ultima contiene 1,2 di
milioni di Gt di ossigeno, questo consumo corrisponde a13 parti
per mille l'anno: in 75 mila anni l'avremo consumato tutto.
Si può misurare la diminuzione? Sì, eppure gli sforzi in questa
direzione non sono molti. Il pubblico è giustamente preoccupato
per la distruzione dell'ozono: forse, se fosse al corrente del
consumo di O2 ci sarebbe una maggiore pressione per misurare tale
fenomeno in modo preciso. Meglio cominciare con gli oceani, dove
ce ne sono solo 8400 Gt contro i 1,2 milioni di Gt dell'atmosfera.
Il calo dell'ossigeno oceanico è di una parte per mille l'anno,
quindi di gran lunga maggiore, e quindi più facile da misurare,
delle 13 parti per milione dell'atmosfera.
Ma l'oceano non è così benigno come l'atmosfera, la quale,
grazie al suo stato di turbolenza permanente, è assai più
mescolata e quindi una misura in un punto della Terra è
rappresentativa di qualsiasi altro punto. L'oceano è molto meno
uniforme e per ottenere statistiche affidabili, bisognerebbe
effettuare svariate misure in molti posti diversi.
Vediamo la situazione così: l'atmosfera è ricca di ossigeno e
povera di C; l'oceano, l'opposto. Quindi, l'atmosfera è molto
sensibile ai cambi della CO2 mentre l'oceano è sensibile ai
cambi di ossigeno. Qualora raddoppiassimo la CO2 atmosferica,
riusciremmo a sopravvivere, mentre qualora riducessimo l'ossigeno
oceanico a zero, sarebbe una catastrofe vera e propria.
Stiamo asfissiando gli oceani? Con un calo annuale di 8 Gt di
ossigeno, l'asfissia avverrà in 840 anni, che non sono poi molti.
L'oceano non è però ben mescolato e certe parti possono già
essere state seriamente ferite. Per esempio, l'Oceano Pacifico
contiene 50% dell'acqua dei mari ma solo il 40% dell'ossigeno
totale. Poiché l'idea di una lenta asfissia degli oceani è
psicologicamente più potente dell'aumento della CO2 atmosferica,
la "morale" è che conviene puntare sul "rischio
oceani" per convincere l'umanità a cambiare rotta.
Biografia di Vittorio M. Canuto
Per informazioni: Extramuseum