FORSE RISOLTO L'ENIGMA DEL CARBONIO LATITANTE

di
Vittorio Canuto del NASA Goddard Institute for Space Science-New York

Lavoisier ci insegnò che nulla si crea e nulla si distrugge. Eppure, nel complicato scambio di carbonio fra oceani, atmosfera e biomassa, ciò non sembra avvenire. Il maggior serbatoio di carbonio (C) sono le pietre calcaree ma poiché i loro scambi sono lentissimi, li trascureremo. Gli altri serbatoi? Eccoli, i valori sono in gigatoni (1 Gt= un miliardo di tonnellate):Oceani 40.000 (+ 1,5); Atmosfera 700 (+ 3,5); Combusti-bili fossili 7000 (-6); Piante 800 (-2); Suolo 1500 (-1).
La prima cifra di ogni voce è il contenuto di C, mentre la seconda messa tra parentesi , indica perdite e guadagni annuali. L'umanità brucia circa 6 Gt di combustibili fossili l'anno e quindi tale serbatoio perde una quantità equivalente di C l'anno: cioè -6. La deforestazione impoverisce le piante di circa 2 Gt l'anno e l'erosione del suolo fa perdere un altro Gt. I conti però non tornano. Mancano 4 miliardi di tonnellate: è il mistero del carbonio sparito!
Gli oceanografi e i fisiologi delle piante e del suolo ci assicurano che né gli oceani né piante e suolo possono risolvere il problema. E le radici? Quant'è la biomassa che va nelle radici e quella che va in rami e foglie? Sarebbe preferibile che l'aumento dell'anidride car-bonica (CO2) causasse un maggiore aumento delle radici perché esse sono più durevoli mentre rami e foglie decadono ritornando il C all'atmosfera nel giro di un anno. Esperimenti in condizioni controllate indicano che in effetti quando la CO2 aumenta, il rapporto "radici/rami-foglie" cresce, un fatto ben gradito poiché ci dice che per mantenere il loro metabolismo stabile, le piante abbisognano di meno foglie.Costa loro meno far crescere radici che foglie. Può essere questa la soluzione al mistero? I dati sperimentali di Keeling da Mauna Loa, che datano dal 1958, indicano che la CO2 - gas a effetto serra - è in au-mento dallo 0,0315% allo 0,036%. Sovrapposto a questa crescita, c'è un ciclo stagionale: in primavera, c'è più vegetazione, più CO2 viene assorbita e quindi se ne trova di meno nell'atmosfera; in inverno, il contrario: Keeling ha fatto notare che l'ampiezza di questo ciclo è aumentata dal 1958 di circa il 10 per cento, il che sembra dirci che la "biosfera del Nord" ha aumentato la sua attività al tasso dello 0,5% l'anno.
Può sembrare poco, ma in effetti basta a spiegare in gran parte i 4 Gt di CO2 che sembravano essere spariti.
Passiamo all'ossigeno. Bruciando combustibili fossili si genera CO2 e si consuma ossigeno atmosferico (una mole di C=12 grammi, una mole di 02=32 grammi). Quindi ogni 3 tonnellate di C che si generano, "spariscono" 8 tonnellate di ossigeno. L'umanità brucia 6 Gt di C all'anno, il che equivale a 16 Gt di ossigeno sottratto all'atmosfera. Poiché quest'ultima contiene 1,2 di milioni di Gt di ossigeno, questo consumo corrisponde a13 parti per mille l'anno: in 75 mila anni l'avremo consumato tutto.
Si può misurare la diminuzione? Sì, eppure gli sforzi in questa direzione non sono molti. Il pubblico è giustamente preoccupato per la distruzione dell'ozono: forse, se fosse al corrente del consumo di O2 ci sarebbe una maggiore pressione per misurare tale fenomeno in modo preciso. Meglio cominciare con gli oceani, dove ce ne sono solo 8400 Gt contro i 1,2 milioni di Gt dell'atmosfera. Il calo dell'ossigeno oceanico è di una parte per mille l'anno, quindi di gran lunga maggiore, e quindi più facile da misurare, delle 13 parti per milione dell'atmosfera.
Ma l'oceano non è così benigno come l'atmosfera, la quale, grazie al suo stato di turbolenza permanente, è assai più mescolata e quindi una misura in un punto della Terra è rappresentativa di qualsiasi altro punto. L'oceano è molto meno uniforme e per ottenere statistiche affidabili, bisognerebbe effettuare svariate misure in molti posti diversi.
Vediamo la situazione così: l'atmosfera è ricca di ossigeno e povera di C; l'oceano, l'opposto. Quindi, l'atmosfera è molto sensibile ai cambi della CO2 mentre l'oceano è sensibile ai cambi di ossigeno. Qualora raddoppiassimo la CO2 atmosferica, riusciremmo a sopravvivere, mentre qualora riducessimo l'ossigeno oceanico a zero, sarebbe una catastrofe vera e propria.
Stiamo asfissiando gli oceani? Con un calo annuale di 8 Gt di ossigeno, l'asfissia avverrà in 840 anni, che non sono poi molti. L'oceano non è però ben mescolato e certe parti possono già essere state seriamente ferite. Per esempio, l'Oceano Pacifico contiene 50% dell'acqua dei mari ma solo il 40% dell'ossigeno totale. Poiché l'idea di una lenta asfissia degli oceani è psicologicamente più potente dell'aumento della CO2 atmosferica, la "morale" è che conviene puntare sul "rischio oceani" per convincere l'umanità a cambiare rotta.

di Vittorio M. Canuto
Nasa, New York.
da Tuttoscienze

Biografia di Vittorio M. Canuto

Per informazioni: Extramuseum

[indietro]