BENIAMINO
FRANKLIN E IL PIEMONTE |
Il nome di Beniamino Franklin
evoca nei più il parafulmine, che i nostri vecchi chiamavano
appunto asta frankliniana. Ma Franklin (1706-1770) è stato
tante altre cose: letterato, statista, diplomatico, sociologo,
tipografo, editore e, perché no?, musico, bon viveur
e ghiottone.
Ancora meno note e decisamente inaspettate sono le curiose e intense
relazioni con Torino e il Piemonte, che almeno in un caso si protrassero
a lungo nel tempo.
Beniamino, poderoso autodidatta,
uomo avveduto e intraprendente, a quaranta anni fu in condizione
di andare in pensione. Ma il suo fu un "ritiro" estremamente
attivo. Mandato a Londra e poi a Parigi come ambasciatore prima
delle provincie della Pennsylvania e poi della neonata Repubblica
americana, riuscì a farsi conoscere e soprattutto rispettare
dalla diplomazia europea, arrivando a concludere un trattato di
pace con l'Inghilterra e a far riconoscere il nuovo stato dalle
principali potenze europee. Di un certo interesse è il
fatto che i primi stati a riconoscere gli U.S.A. e a dar loro
"libera pratica", cioé accesso ai porti, furono
il Regno delle due Sicilie, il Granducato di Toscana e la Svezia.
Prima di darsi alla carriera diplomatica, si era accostato, quasi
per caso, alla nuova scienza elettrica.
Munito di perspicacia ma allo stesso tempo sprovvisto di concezioni
e pregiudizi accademici, Franklin riuscì a battere nuove
strade e proporre un originale teoria elettrica, che però
non sarebbe mai riuscita ad imporsi nel contesto accademico perché,
pur essendosi messo a studiare il latino, il suo linguaggio e
soprattutto il suo modo di esprimersi non era quello dei dotti.
In sua difesa scese in campo Giovanbatista (con una t sola) Beccaria,
insigne scolopio monregalese, che a buon diritto può essere
considerato come il padre della Fisica a Torino e il padre dell'Elettricismo
in Italia. Beccaria pubblicò a Torino due trattati sulla
nuova scienza elettrica adottando le teorie di Franklin. Questi
libri e numerose lettere valsero a Beccaria rinomanza mondiale,
e dall'altra introdussero, con dimostrazioni ed esperimenti accurati,
le teorie dell'uomo di Filadelfia che furono così infine
accettate. Le idee e le proposte di Franklin sono il filo conduttore
attorno il quale Beccaria costruisce il suo serrato argomentare.
Leggiamo due frasi prese da "Dell'Elettricismo Artificiale
e Naturale" (Torino 1753), il testo che, com'è unanimamente
accet-tato, fece diventare scienza l'Elettricismo.
"
Troverete, cortesi Lettori, che in quest'Opera io
fo molte volte mensione del celebratissimo Scrittore d'Elettricità
Beniamino Franklin,
" e "Avuta notizia sulla fine
di Giugno della ormai notissima esperienza inventata dal valoroso
Inglese Beniamino Franklin abitante in Filadelfia Città
della Pensilvania in America
, m'applicai immantinente ad
effettuarla anch'io qui in Torino
"
Questa intensa relazione,
che rimase sempre epistolare durò oltre trent'anni; i due
all'inizio si scrivevano in latino e in forma sussiegosa e pomposa
come volevano le convenzioni dell'epoca, (Quod die 11. Septembris
1766 scribebam tibi, FRANKLINI clarissime; extimare me, errare
eos, qui putarent, theoriam infirmare tuam), ma poi decisero che
ognuno avrebbe scritto nella propria lingua e arrivarono ad un
grado di confidenza, tale da raccontarsi anche i piccoli e i grossi
problemi di salute. Beccaria soffriva di emorroidi e appena l'americano
sentì che il Torinese aveva ripreso ad andare a cavallo,
gli scrive una lettera di congratulazioni e aggiunge "It
grieves me to hear the long Continuance of your Illness. Science
suffers with you
" (Mi addolora sentire della lunga
durata del tua malattia. La scienza soffre con te
".
Ma queste sono piccole cose di fronte fatto che da questa corrispondenza,
così lunga e assidua, è nata la scienza elettrica
e che sia nata proprio a Torino. Incidentalmente, il governo piemontese,
molto attento ai brontolii dell'Inghilterra che vedeva male qualsiasi
contatto o collegamento con i ribelli dell'altra parte dell'Atlantico,
rifiutò il visto a Beccaria, che avrebbe desiderato recarsi
a Parigi per trovare Beniamino.
Ma ancora altri legami con il Piemonte possono essere ricordati.
Vanno dalla gastronomia alla letteratura e alla sociologia, passando
per la musica e soprattutto per una forma di artigianato che è
ancora viva nel lessico e nell'industria del Piemonte.
Ma andiamo con ordine. Dovete sapere che Beniamino Franklin era
anche un melomane, suonava alcuni strumenti musicali e compose
anche qualche brano. Ma soprattutto è passato alla storia
della Musicologia per aver inventato nel 1762, quando era ambasciatore
a Londra, l'armonica. Questo strumento, ancora vivo in ristrettissimi
circoli musicali, è la versione dotta e meccanizzata di
un gioco che tutti noi abbiamo praticato, riempiendo all'osteria
una serie di bicchieri con varie altezze di acqua o vino, e poi,
dopo aver umettato ben bene i polpastrelli, fare risuonare i bicchieri
sfregandone il bordo. Franklin costruì un oggetto, nel
quale una serie di bicchieri di vetro, infilati su di un asse,
venivano posti in rotazione tramite un pedale, come avviene per
la mola dell'arrotino od il filarello per la lana. Lo strumento
ebbe un certo successo e rimase in voga per qualche tempo. Ma
a noi interessa sapere perché fu dedicato a Beccaria. Nel
1762 Beniamino dedica pubblicamente lo strumento a Giovanbatista
e dice "
in onore della vostra lingua armoniosa, ho
preso dall'italiano il nome dello strumento, chimandolo l'Armonica".
Il fatto ebbe una certa risonanza nella sonnacchiosa Torino e
valse al Beccaria un aumento di stipendio.
L'altro legame derivato direttamente dalle multiformi attività
del nostro e tuttora vivo, a duecento-cinquanta anni dal fatto
iniziale, si perpetua a Castellamonte, dove degli artigiani ceramisti,
costruiscono ancora la "Franklin", una stufa con circolazione
dei fumi, che fu ideata appunto da Beniamino nel 1742. I curiosissimi
fratelli Verri ne fecero arrivare un esemplare a Milano e la "stufa
di Pennsilvania" come era chiamata si diffuse in tutta l'Italia
del Nord, tanto è vero che viene ancora fabbricata. Chi
scrive si ricorda di aver visto al Balôn negli anni '50
delle franklin, con i caratteristici tre tubi metallici, altre
ne avevo viste da piccoli rivenditori a Pinerolo, ma allora non
sapevo che mi trovavo davanti a un pezzo di archeologia industriale.
Ma quant'anche l'avessi saputo, non avrei comunque avuto i soldi
per acquistarla né avrei saputo dove metterla.
Sembra infine proprio vero che il solito Franklin abbia inventato
gli occhiali bifocali. Il suo paio è conservato alla American
Phylosophical Society, ovviamente fondata da lui, a Filadelfia.