Scienza
in pubblico |
Con grande ritardo rispetto
ai Paesi cui guarda per affinità di grado di benessere
e cultura, l'Italia ha da qualche anno incominciato a porsi il
problema della divulgazione scientifica e tecnologica. Al di là
degli innegabili effetti negativi di tale ritardo, l'Italia si
è così risparmiata, fin qui, flop colossali. Quali,
ultimo in ordine di tempo, quello del
newMetropolis (si veda il Domenicale del 14 febbraio 1999). Ma
l'arrivare in ritardo non implica la capacità di trarne
vantaggio. Dunque è opportuno tenere alta l'attenzione
sui nuovi progetti che vanno moltiplicandosi. Primo problema,
sollevato dal Rapporto sulla diffusione della cultura tecnico-scientifica
in Italia (1998), il riordino e la valorizzazione in termini di
sistema del nostro patrimonio, del quale non esiste un adeguato
censimento (come denunciato da Paolo Galluzzi). In secondo luogo
a livello di politiche pubbliche parrebbe abbandonata un'intenzione
apprezzabile come quella indicata dalla legge n. 113 del 28 marzo
1991, che prevedeva la creazione di cinque poli per la diffusione
della cultura scientifica a Napoli, Firenze, Trieste, Milano e
Roma. La modifica alla legge approvata dalla Camera e attualmente
in discussione al Senato vanificherebbe tale progetto, lasciando
una generica indicazione sulla necessità di riordino e
potenziamento del sistema nazionale, che sarebbe soggetto però,
ai fini dell'ottenimento dei finanziamenti, a un riesame triennale,
rendendo assai ardua qualsiasi programmazione di ampio respiro.
Nondimeno nei prossimi anni vedremo un probabile moltiplicarsi
di iniziative. In questa pagina parliamo di Trento e Bolzano,
e - in questo articolo - del progetto per uno science centre
a Torino e del Laboratorio dell'immaginario scientifico di Trieste.
Entrambi condividono un dato importante: la collocazione in un'area
ad alta densità scientifico-tecnologica. La capacità
di porsi come nodo accessibile al pubblico, all'interno di un
sistema produttivo, di ricerca e museale, è infatti punto
qualificante che consente potenzialmente al Centro di radicarsi
sul territorio, e di valorizzarne le risorse con reciproco vantaggio.
Il Laboratorio dell'immaginario scientifico nasce come mostra
itinerante. Allestita per la prima volta a Parigi nel 1986, illustrava
alcuni aspetti della ricerca scientifica attraverso materiali
visivi forniti direttamente dagli scienziati attivi sul territorio
triestino. Fin dall'inizio, dunque, viene sancito un legame forte
con le istituzioni scientifiche locali, legame impersonato innanzitutto
dall'ispiratore del Lis, e attuale presidente, Paolo Budinich.
Divenuta permanente, accanto alla mostra sono stati sviluppati
cicli di conferenze, corsi di aggiornamento (nel 1995 viene istituito
presso il Lis il Polo che coordina le sperimentazioni nella didattica
in Friuli-Venezia Giulia ed elabora nuove metodologie per la diffusione
della cultura scientifica nella scuola).
Altro punto qualificante, dunque, lo stretto legame con le istituzioni
scolastiche. Da giugno, dopo alcuni anni di incertezza alla ricerca
di una sede adeguata e definitiva, il Lis ha potuto riaprire i
battenti a Grignano (http://www.lis.trieste.it). Su un'area abbastanza
ridotta di mille mq tra spazi espositivi, aule e laboratori, con
un personale di una decina di persone, intorno a cui ne ruotano
mediamente altre 40-50 tra volontari e ricercatori, e con una
previsione di spesa annuale di circa un miliardo, il Lis è
riuscito a porsi come interlocutore sia sul piano nazionale sia
internazionale (è tra i membri fondatori di Ecsite). Attualmente
l'area espositiva è così articolata: Elis, innanzitutto,
l'Edicola dell'immaginario scientifico, sezione in cui si sperimentano
nuove modalità di comunicazione multimediale della scienza;
un'area con installazione hands-on dove è possibile scoprire
e divertirsi con alcuni fenomeni della scienza; Dedalo, per l'accesso
(guidato) alla scienza in rete; Aladino, espressamente dedicata
alle didattica. Da notare che, accanto a computer ed exhibits,
il Lis presenta sempre una sezione storica, grazie alla collaborazione
con istituzioni internazionali quali il Deutsches Museum di Monaco
e il Museo della scienza e della tecnica di Praga. Tra i progetti
in corso, vi è il Science literacy in Africa, in collaborazione
con l'Accademia delle scienze del Terzo mondo, che dovrebbe tra
l'altro sviluppare kit didattici per esperimenti scientifici con
materiali prodotti in loco. Caratteristico del Lis è un
approccio fortemente emozionale e intuitivo alla scienza come
leva di curiosità e di interesse per successivi approfondimenti,
cui pure vengono forniti gli strumenti. Così ad esempio
l'iniziativa temporanea di apertura della nuova sede "Diecididieci",
dedicata all'infinitamente grande e all'infinitamente piccolo,
si è tradotta in suggestive proiezioni su maxischermo,
con la possibilità di acquisire ulteriori informazioni
su postazioni separate. Attualmente (fino al 30 novembre) è
inoltre in corso la mostra "Sottomare: forme, odori, suoni
e colori del mondo marino", che con lo stesso spirito apre
alle problematiche ambientali del mare. Un'idea forte di divulgazione
scientifica che connota il Lis nel panorama internazionale.
Il progetto di Science
Centre di Torino nasce su basi diverse, per certi versi più
politiche, quali la necessità di rilanciare la città,
di valorizzarne le risorse e reinventarne la vocazione, non più
solo industriale. Promosso dalla Provincia, il progetto è
stato preparato negli scorsi anni con il coinvolgimento tra l'altro
della Fondazione Agnelli, che ha svolto un'analisi sistematica
degli science centres nel mondo, e del Politecnico, che con un
gruppo di lavoro coordinato da Carlo Olmo, Liliana Bazzanella
e Carlo Giammarco ha elaborato alcune ipotesi progettuali relative
alla sede. A fronte del dettaglio e dell'accuratezza di questi
lavori preliminari (comprese le corpose "suggestioni"
archittetoniche per un eventuale collocamento a Palazzo del Lavoro
o presso le Officine Grandi Riparazioni, scelte per le forti valenze
simboliche), rimane ancora molto meno definito il progetto più
propriamente scientifico. Un comitato scientifico promotore ha
però già identificato una serie di indicazioni,
che tengono conto della specificità del territorio. Aree
di "eccellenza" del passato e del futuro, nelle parole
dell'assessore provinciale alle Risorse naturali e culturali Valter
Giuliano, su cui concentrarsi sarebbero: meccanica (con particolare
interesse per le discipline spaziali), biotecnologie e infotecnologie.
Lo Science Centre dovrebbe offrire i seguenti servizi: un forum
su scienza e tecnologia, con centro conferenze e centro di documentazione;
un laboratorio didattico; una sezione di incontro con i saperi
tecnicoscientifici e le loro applicazioni (del passato e del futuro);
un itinerario ludico a orientamento educativo, sempre mettendo
l'accento sui processi e sul metodo della ricerca scientifica.
Si prevede inoltre, oltre a un eventuale incubatore, la creazione
di un'area "bussola" che colleghi il Centro alle altre
istituzioni presenti nel Torinese, musei, collezioni, ma anche
centri di ricerca con i quali si vorrebbe sviluppare un rapporto
privilegiato, così da poter ospitare presso il museo esempi
della ricerca più avanzata. Il Centro come nodo, dunque,
che inoltre si propone di consolidare una serie di iniziative
nate negli ultimi anni.
Torino vanta infatti una buona tradizione di divulgazione scientifica,
come nota Patrizia Picchi (dirigente del Servizio attività
e beni culturali): dal ciclo di conferenze di GiovedìScienza
a Experimenta ad ArsLab. Per il momento è stato dato il
via a un progetto di "museo virtuale", finanziato in
parte con fondi statali e da realizzarsi entro due anni: sono
previsti un sito internet su tematiche inerenti il futuro Centro,
dove offrire strumenti didattici, tenere un dibattito che permetta
tra l'altro di acquisire informazioni sul pubblico, e fornire
informazioni su collezioni, centri di ricerca e musei torinesi;
l'organizzazione di due mostre, possibilmente "preparatorie"
del Centro; la creazione di un centro di documentazione.
Dal punto di vista dei finanziamenti, si fa conto su un credito presso lo Stato che potrebbe essere parzialmente riottenuto attraverso l'acquisizione di una sede di proprietà demaniale. Inoltre si vorrebbero coinvolgere Fondazioni bancarie, aziende, università, che andranno a formare il Comitato promotore. La spesa prospettata si aggira intorno ai 100 miliardi per il recupero del manufatto e l'allestimento del Centro, che potrebbe però avvenire per gradi. Ancora da valutare sono invece le spese di gestione a regime: tutt'altro che secondarie, dato che non esiste science centre al mondo che possa sopravvivere senza un corposo sostegno pubblico. É un progetto ambizioso, cui la Provincia tiene molto, e che dunque dovrà porre solide basi entro la fine del mandato amministrativo.
Chiara Somajni
da Il Sole 24 Ore del 14/11/99