LE PRIGIONI DEL CIBO
|
Gli psichiatri di formazione biologista sostengono che esiste sicuramente un specifico gene responsabile di ogni disordine alimentare. I terapeuti che fanno riferimento alla teoria delle memorie represse, invece, affermano con certezza che il 90% delle donne affette da un disturbo dell'alimentazione abbia subìto un abuso sessuale. Ma c'è anche chi, in un'ottica psicodinamica, connette il problema a un mancato superamento di complessi arcaici, in particolare - visto che la maggior parte delle persone che soffrono di questi disturbi sono donne - il complesso di Elettra. Per gli studiosi fedeli a una scuola di orientamento relazionare, poi le cause dei disordini alimentari vanno cercate nella famiglia: nelle dinamiche madre-figlia o nella conflittualità tra i genitori. Infine, da qualche anno esiste una prospettiva che collega strettamente i comportamenti anomali legati al cibo ai disturbi da dipendenza, come l'alcolismo e la tossicodipendenza. In un panorama di teorie così variegato, l'approccio terapeutico strategico-costruttivista proposto da Giorgio Nardone si dimostra il più concreto: esso parte dal dato di fatto che i disturbi delle persone affette da anoressia, bulimia o vomiting sono il risultato di un processo di retroazioni tra soggetto e realtà, in cui sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione dei cambiamento a mantenere la situazione problematico immutata. Lo scopo del terapeuta diventa allora quello di spezzare il circolo vizioso tra la reiterazione dei tentativi fallimentari dei paziente per risolvere il proprio problema e la persistenza dei problema stesso. Per farlo, egli deve capire "come funziona" il problema, piuttosto ché "perché esiste". Sulla scorta di questo assunto teorico, Giorgio Nardone, Tiziana Verbitz e Roberta Milanese riportano qui i risultati di una ricerca applicata di tipo empirico-sperimentale compiuta su un campione significativo di pazienti, individuando una metodologia terapeutica che à un processo di ricerca sistematica con cui affrontare e debellare i disordini alimentari in modo rapido ed efficace.
1. La ricerca
A partire dal 1993, presso il Centro di terapia Strategica di
Arezzo, ha avuto inizio un progetto di ricerca per lo studio sistematico
e rigoroso dei disordini alimentari nella loro moderna evoluzione.
La metodologia adottata, nota come ricerca-intervento, è
la stessa utilizzata nella precedente ricerca sui disturbi fobico-ossessivi,
volta alla messa a punto di specifici protocolli di trattamento
per questi disturbi. Presupposto di base di questa modalità
di fare ricerca è l'idea che per conoscere come un problema
funziona non è sufficiente l'osservazione esterna, ma è
necessario agire in modo da cambiarne il funzionamento. Solo la
messa a punto di una strategia di soluzione che funziona per un
dato problema, ripetuta su un vasto campione di soggetti che presentano
lo stesso tipo di disturbo, permette di svelare il modello di
funzionamento del disturbo stesso. I dati raccolti mediante questa
modalità di fare ricerca hanno quindi consentito non solo
la messa a punto di un efficace modello di psicoterapia per la
rapida soluzione dei disordini alimentari, ma anche la formulazione
di un modello conoscitivo relativo alla loro formazione e persistenza.
2. I risultati conoscitivi:
la moderna evoluzione dei disordini alimentari
Da un punto di vista conoscitivo, il primo risultato sorprendente
della nostra ricerca-intervento consiste nell'aver individuato
come l'attuale realtà dei disordini alimentari sia piuttosto
diversa da quella descritta dalla letteratura.
Oltre alle due patologie a cui gli studi sull'argomento di solito
fanno riferimento (Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa), è
venuto progressivamente delineandosi un terzo tipo di disturbo
alimentare, che abbiamo definito "sindrome da vomito"
o "Vomiting". Con questo termine intendiamo riferirci
a un tipo di disturbo basato sul fatto di mangiare e vomitare
compulsivamente più volte al giorno, sintomatologia che
in letteratura viene attualmente considerata una particolare variante
di Anoressia e Bulimia ("Sottotipo con Condotte di Eliminazione").
Dalla nostra analisi empirico-sperimentale è invece emerso
come la sintomatologia del Vomiting costituisca una patologia
a sé stante, che presenta caratteristiche di persistenza
completamente diverse rispetto a quelle dell'Anoressia e della
Bulimia, configurandosi come una vera e propria "specializzazione
tecnologica" nel campo dei disturbi alimentari.
Il riconoscimento del Vomiting quale disturbo autonomo è
avvenuto in base alla constatazione che le tecniche di intervento
risultate efficaci per Anoressia e Bulimia non funzionavano con
i soggetti che presentavano tale sintomatologia. Nel corso della
ricerca-intervento è stata quindi necessaria la strutturazione
di un intervento specifico per questo disturbo, che ne permettesse
la soluzione e ne svelasse le modalità di persistenza e
alimentazione.
Il Vomiting, inoltre, appare essere il disturbo attualmente più
rilevante e diffuso: ben 123 persone (63%) delle 196 su cui è
stata condotta la ricerca presentavano tale tipo di disturbo.
Questa elevata frequenza del Vomiting, che lo porta da disturbo
accessorio delle altre due tradizionali forme di patologia alimentare
a disturbo prevalente, sembra spiegarsi in una sorta di "avanzamento
tecnologico" dei disordini alimentari, in cui una iniziale
tentata soluzione per non ingrassare o dimagrire troppo - indursi
il vomito - finisce col dar vita ad un problema del tutto diverso
ed autonomo rispetto a quello che inizialmente lo aveva prodotto.
Parallelamente al dilagare della patologia da Vomiting, negli
ultimi anni si è assistito ad una sostanziale riduzione
della casistica puramente anoressica "restrittiva" (solo
18 casi nel nostro campione), cioè di quelle ragazze che
tendono ad astenersi dal cibo dimagrendo al punto tale da trovarsi
spesso in pericolo di vita. Questa tendenza trova riscontro anche
nella letteratura internazionale.
Una seconda rilevazione importante della nostra ricerca-intervento
è relativa alla maggiore complessità dei disturbi
alimentari rispetto ad altri tipi di patologie, ad esempio quelle
fobico-ossessive, oggetto della nostra precedente ricerca. Via
via che la ricerca-intervento procedeva, è venuta emergendo
una spiccata variabilità nelle modalità di persistenza
di questi disturbi, che rendevano necessarie diverse varianti
di intervento per sbloccare la sintomatologia.
La rilevazione di diverse varianti all'interno di una stessa sindrome
ha determinato la differenziazione di anoressiche, bulimiche e
vomitatrici in diverse tipologie a seconda delle differenti caratteristiche
di persistenza. Sono così state individuate due modalità
di persistenza per l'Anoressia ("sacrificante" e "astinente"),
quattro per la Bulimia, tre per il disturbo da Vomiting, ognuna
delle quali ha richiesto la messa a punto tattiche e tecniche
ad hoc per la sua risoluzione.
I disordini alimentari appaiono dunque patologie in rapida evoluzione
e questo fa sì che siano necessarie evolute forme di trattamento
in grado di adeguarsi e aggiornarsi continuamente. Per mantenersi
efficace ed efficiente, un modello di intervento deve infatti
essere in grado di evolversi in modo da adattarsi alle caratteristiche
dei problemi a cui si applica.
3. Efficacia ed efficienza
dei protocolli di trattamento
Il risultato del nostro lavoro, in relazione al criterio dell'efficacia
del trattamento, risulta essere decisamente significativo, poiché
i risultati prodotti sono nettamente al di sopra di quelli riportati
nella letteratura internazionale. La nostra ricerca ha infatti
condotto a un'efficacia del trattamento pari all'81%.
Il protocollo di trattamento che risulta essere in assoluto il
più efficace è quello messo a punto per la Bulimia,
in cui gli esiti positivi raggiungono addirittura l'88% dei casi.
L'Anoressia mentale, invece, è risultata essere il disturbo
per noi più resistente al cambiamento, poiché solo
il 56% dei casi mostra di ottenere esiti positivi. Tuttavia, confrontando
i nostri risultati con quelli presentati dalla letteratura internazionale,
ci siamo resi conto che il lavoro poteva essere ritenuto comunque
molto significativo.
Ma il risultato dal nostro punto di vista decisamente più
rilevante è quello prodotto sulla patologia da Vomiting,
sia per la sua dilagante ed epidemica diffusione negli ultimi
anni, che lo rende il disturbo alimentare attualmente più
rilevante da un punto di vista numerico, sia per il fatto che
la maggior parte delle terapie risulta scarsamente efficace su
questo tipo di disturbo. I nostri esiti positivi nel trattamento
di questo disturbo riguardano l'82% dei casi, risultando in questo
modo marcatamente al di sopra di quelli presentati dalla letteratura
internazionale (che riporta percentuali di guarigione medie variabili
tra il 9% e il 45%).
I risultati hanno inoltre dimostrato di mantenersi nel tempo:
i follow-up effettuati a tre mesi, sei mesi, un anno dalla fine
della terapia mettono in evidenza una minima presenza di ricadute
e l'assenza di spostamenti del sintomo.
Per quanto riguarda la durata e l'efficienza del trattamento,
il 79% dei casi trattati ha ricevuto un trattamento con durata
al di sotto delle 20 sedute (circa 6-7 mesi); solo un 20% circa
supera un tale limite. Inoltre, se si considerano soltanto i casi
con esito positivo, si nota come la stragrande maggioranza dei
trattamenti si raggruppino al di sotto delle 15 sedute, con remissione
della sintomatologia grave entro le prime 10 sedute.
I risultati della nostra ricerca-intervento dimostrano come anche nei confronti di patologie così severe ed impedenti quali i disordini alimentari sia possibile costruire dei modelli di trattamento concretamente efficaci ed efficienti. Questo a patto che le terapie, nella loro costruzione, siano adattate e calzate alle specifiche tipologie dei disturbi e non si pretenda il contrario, ossia che i disturbi si adattino alle teorie e alle terapia. Inoltre siccome le patologie psichiche si evolvono in concomitanza all'evoluzione degli individui e della società, anche le terapie devono evolversi ricalcando questo processo.