Giovedì 10 Febbraio 2005 (ore 17.45)
 
 
IL TARTUFO DELLE MERAVIGLIE
La biologia molecolare a tavola
 
Calendario
Paola Bonfante

Insegna biologia vegetale all'Università di Torino, è responsabile di un gruppo di ricerca del CNR afferente all'Istituto Protezione delle Piante del CNR ed è coordinatrice di un Dottorato dedicato alla Biologia e Biotecnologia dei Funghi. Le interazioni tra piante e funghi simbionti rappresentano il campo di ricerca in cui opera da più di 30 anni. Proprio per la molteplicità delle interazioni piante/microbi, i suoi contributi in questo settore vanno dalla biologia cellulare (la riorganizzazione della cellula vegetale in risposta al fungo simbionte), a quella molecolare (lo sviluppo di sonde molecolari per la diagnostica dei tartufi o i progetti di genomica funzionale) fino alla "environmental microbiology" (la scoperta di una nuova popolazione batterica endosimbionte di fungi micorrizici).

Possono arrivare a costare anche 4.000 euro al chilo. Già conosciuti dagli antichi Greci e Romani, furono definiti da Brillat Savarin come il diamante di tutti i cibi ma continuano ad essere un enigma biologico. I tartufi, come molto altri funghi, vivono in simbiosi con le radici di alcune piante, producendo strutture caratteristiche (le micorrize) essenziali per il loro ciclo vitale e per la produzione di un corpo fruttifero dalle particolari caratteristiche organolettiche. Più di 28 specie appartenenti al genere Tuber si trovano in Europa, oltre a quelle dell’America e Australia. Solo alcune sono ricercate per il loro aroma e gusto (il tartufo d’Alba e il tartufo nero del Perigord, ad esempio). Le tecniche di biologia molecolare hanno permesso d’indagare la natura di questo fungo, dall’identificazione della specie su basi morfologiche si è passati a una individuazione basata sul DNA: questo permette in tempi rapidi di identificare se si tratta di un Tuber magnatum (tartufo di Alba, quello da 400 euro all’etto) o un banale bianchetto (circa 30 euro all’etto). Ma la biologia molecolare ci permette anche un’esplorazione fino a 10.000 anni fa, per capire come i tartufi abbiano occupato specifiche aree geografiche. La ricerca per capire come il tartufo si forma, cresce, sprigiona i suoi aromi è invece ancora in corso. Lo studio del suo genoma ci ha già dato indicazioni su come il tartufo senta gli stress ambientali e patisca i fertilizzanti azotati, ma solo il suo sequenziamento completo ci permetterà di attuare strategie di conservazione e valorizzazione del tartufo e del suo ambiente.